Lo scorso 2 maggio, la bloggher tunisina Emna Chargui ha postato sui suoi profili social un post dal titolo "Sura del Corona", un post dal sapore ironico con l'aspetto tipico di un versetto coranico ma che spiega che il Covid-19 arriva dalla Cina e che per prevenirlo è importante lavare le mani.
Il suo calvario è iniziato poco dopo.
Nei giorni successivi è stata sottoposta a vari interrogatori ed il 6 maggio è dovuta comparire in tribunale, senza l'assistenza di un legale, in un'udienza nella quale le hanno chiesto di tutto addirittura se avesse disturbi mentali e se recentemente si fosse rivolta ad uno psichiatra.
Un'udienza conclusasi con la formalizzazione dell'incriminazione per “incitamento all’odio religioso attraverso mezzi ostili o violenza” e “offesa alle religioni autorizzate”, imputazioni per le quali rischia fino a tre anni di carcere e una multa di 2000 dinari.
A questo va aggiunta la campagna d'odio e le minacce di morte e stupro ricevute dalla bloggher per le quali le autorità turche non hanno preso alcuna misura protettiva nei suoi confronti.
Nel 21° secolo, nonostante la Tunisia cerchi di mostrarsi come un paese democratico è evidente quanto sono opprimenti le obsolete leggi contro la libertà d’espressione.
Probabilmente Emna Chargui ha scritto con un po' di leggerezza e senza considerare le ripercussioni sociali e la suscettibilità di una cultura come quella tunisina, ma quel che ha scritto rientra a pieno titolo nella libertà d’espressione.
Il processo è fissato per il 2 luglio.